martedì 31 marzo 2015

Mary Oliver


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Un’intensa e gioiosa osservatrice del mondo naturale, Mary Oliver viene spesso paragonata a Walt Whitman e Henry David Thoreau. Le sue poesie sono ricche di immagini dalle sue quotidiane vicino a casa sua a Provincetown: pivieri, serpenti d’acqua, le fasi della luna e le megattere. Maxine Kumin chiama la Oliver “una pattugliatrice delle paludi allo stesso modo in cui Thoreau era un’esploratrice delle bufere di neve” e “una infaticabile guida al mondo naturale”.[1] La sua opera, infatti, rappresenta uno dei punti più elevati della poesia consacrata alla Natura. Coi suoi lavori ha aperto molte strade per la presa di coscienza della crisi ambientale. Mary Oliver usa uno stile linguistico semplice e chiaro per far condividere ai lettori il suo amore per gli altri esseri viventi. La sua casa è la “Grande Madre” terra che onora nelle sue poesie.
ALCUNE POESIE
LE OCHE SELVATICHE, di Mary Oliver
Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
Per centinaia di miglia nel deserto, pentendoti.
Devi solo lasciare che il delicato animale del tuo corpo
ami ciò che ama.
Parlami della disperazione, la tua, e io di parlerò della mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e i luminosi sassolini della pioggia
Si stanno spostando attraverso il paesaggio,
sopra le praterie e gli alberi profondi,
le montagne e i fiumi.
Intanto le oche selvatiche, alte nella pulita aria blu,
si stanno ancora dirigendo verso casa .
Chiunque tu sia, non importa quanto tu sia solo,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti chiama come le oche selvatiche, dure ed eccitanti
annunciando ripetutamente il tuo posto
nella famiglia delle cose.
Giorno d’estate (Mary Oliver)
Chi ha fatto il mondo?
Chi ha fatto il cigno e l’orso bruno?
Chi ha fatto la cavalletta?
Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori dall’erba,
che sta mangiandomi lo zucchero in mano,
che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù
e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.
Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.
Ora apre le ali di scatto e vola via.
Non so esattamente che cosa sia una preghiera;
so prestare attenzione, so cadere nell’erba,
inginocchiarmi nell’erba,
so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,
è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.
Dimmi, che altro avrei dovuto fare?
Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?
Dimmi, che cosa pensi di fare
della tua unica vita, selvaggia e preziosa?
Dichiara pace
Dichiara pace al tuo respiro.
Inspira uomini d’arme e attrito, espira edifici interi e stormi di merli dalle ali rosse.
Inspira terroristi ed espira bambini che dormono e campi appena falciati.
Inspira confusione ed espira alberi di acero.
Inspira quanto è caduto ed espira amicizie di tutta una vita ancora intatte.
Dichiara pace con il tuo ascolto: quando senti sirene, prega ad alta voce.
Ricorda quali sono i tuoi strumenti: semi di fiori, spilli da vestiti, fiumi puliti.
Prepara una minestra.
Fai musica, impara come si dice grazie in tre lingue diverse.
Impara a fare la maglia, e fai un cappello.
Pensa al caos come mirtilli che danzano, immagina il dolore come l’espirazione della bellezza o il gesto del pesce.
Nuota per andare dall’altra parte.
Dichiara pace.
Il mondo non è mai apparso così nuovo e prezioso.
Bevi una tazza di tè e rallegrati.
Agisci come se l’armistizio fosse già arrivato.
Non aspettare un altro minuto.
Dichiara pace (Mary Oliver)
BIOGRAFIA
Mary Oliver (Maple Heights, 10 settembre 1935) è una poetessa statunitense.
Da ragazza visse per un breve periodo nella casa della deceduta Edna St. Vincente Millay, dove aiutò la sorella della Millay, Norma, ad organizzare le carte della Millay. Negli anni cinquanta ha frequentato sia l’Ohio State University che il Vassar College senza conseguirvi diplomi. Ha abitato a Provincetown, Massachusetts, per più di quarant’anni. La sua partner, Molly Malone Cook, le ha fatto da agente letterario per tutta la vita.

Gabriel García Márquez

Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo (Aracataca, 6 marzo 1927 – Città del Messico, 17 aprile 2014), è stato uno scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura.
La sua notorietà si deve principalmente all’attività di scrittore, nella quale si è espresso ad un altissimo livello, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica in tutto il mondo. Considerato il maggior esponente del cosiddetto realismo magico in narrativa, ha contribuito a rilanciare fortemente l’interesse per la letteratura latinoamericana.
La sua prosa è sempre scorrevole, ricchissima, immaginifica e costantemente pervasa di una amara ironia; la struttura dei suoi romanzi complessa e articolata, con frequenti intrecci fra realtà e fantasia, fra storia e leggenda, con una grande padronanza nel gestire diversi piani di lettura, anche allegorici, oltre che di un uso sapiente di analessi e dello svolgersi di vicende parallele. Il suo romanzo più famoso, Cent’anni di solitudine, è stato votato, durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, tenutosi a Cartagena nel marzo del 2007, come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta, preceduta solo da Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes.

Lo stile letterario e le tematiche

Gabriel García Márquez fu uno dei quattro scrittori latinoamericani coinvolti per primi nel boom letterario latinoamericano degli anni Sessanta e Settanta; gli altri tre autori erano il peruviano Mario Vargas Llosa, l’argentino Julio Cortázar e il messicano Carlos Fuentes (ad essi è da aggiungersi la figura discostata di Jorge Luis Borges). Sarà Cent’anni di solitudine il romanzo che gli porterà fama internazionale di romanziere del movimento magico-realista della letteratura latinoamericana, che influenzerà gli scrittori di periodi successivi, come Paulo Coelho e Isabel Allende. Egli appartiene alla generazione che recuperò la narrativa fantastica del romanticismo, come quella di E.T.A. Hoffmann, e ilromance europeo, lo stile dei poemi lirici, epici e mitologici che andavano di moda fino all’alba del romanzo moderno nel XVIII secolo, quando la particolare mescolanza di reale e invenzione venne relegata nella letteratura del romanzo gotico o in altri sottogeneri.[26]
Come una metaforica e critica interpretazione della storia colombiana, dalla fondazione allo Stato contemporaneo, Cent’anni di solitudine riporta diversi miti e leggende locali attraverso la storia della famiglia Buendía[27], che per il loro spirito avventuroso si collocano entro le cause decisive degli eventi storici della Colombia — come le polemiche delXIX secolo a favore e contro la riforma politica liberale di uno stile di vita coloniale; l’arrivo della ferrovia in una regione montuosa; la Guerra dei mille giorni (Guerra de los Mil Días, 1899–1902); l’egemonia economica della United Fruit Company (“Compagnia bananiera” nel libro); il cinema; l’automobile; e il massacro militare dei lavoratori in sciopero come politica di relazioni fra governo e manodopera.[28]La ripetitività del tempo e dei fatti è appunto il grande tema del romanzo, un tema in cui l’autore riconosce la caratteristica della vita colombiana e attraverso cui vediamo delinearsi altri elementi: l’utilizzo di un “realismo magico” che mostra un microcosmo arcano in cui la linea di demarcazione fra vivi e morti non è più così nitida e in cui ai vivi è dato il dono tragico della chiaroveggenza, il tutto con un messaggio cinicamente drammatico di fondo, di decadenza, nostalgia del passato etitanismo combattivo di personaggi talvolta eroici ma votati alla sconfitta.[29] Su questa linea, dopo un inizio nella letteratura realistica di stile hemingwayano, proseguirà tutta l’opera di García Márquez (tranne gli scritti prettamente autobiografici), in equilibrio tra l’allegoria, il reale e il mito, influenzato dalle tematiche surreali di Franz Kafka e dalsimbolismo. Lo stile presenta notevoli intrecci, digressioni, prolessi e analessi, con l’uso di frasi quasi poetiche nella prosa, un linguaggio ricercato e prosaico alternato a seconda del personaggio, e lo svolgimento di storie “corali” e parallele. Il narratore è spesso esterno e onnisciente, cioè conosce già gli avvenimenti futuri.
 OPERE

Racconti


lunedì 30 marzo 2015

Cesare Pavese



«La mia anima ora
è un abisso dell’oceano
dove tutte le scosse più profonde
tacitamente muoiono».
Cesare Pavese.

L’uomo mortale, non ha che questo d’immortale: il ricordo che porta e il ricordo che lascia”
Cesare Pavese

O ricordo lontano,
fragile ultima stella
della mia notte atroce,
ritornerai mai più,
piccolo fiore biondo,
miracolo di luce e di profumo
a scaldarmi di una tua carezza?
.
— Cesare Pavese.


BIOGRAFIA
Cesare Pavese nacque il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, nel cascinale di San Sebastiano dove la famiglia soleva trascorrere l'estate. Il padre, Eugenio, era cancelliere al Palazzo di Giustizia di Torino, e qui risiedeva con la moglie, Fiorentina Consolina Mesturini, figlia di abbienti commercianti originari di Ticineto (provincia di Alessandria), e la primogenita Maria, nata nel 1902, in un appartamento in via XX Settembre 79.,,,,,,

Romanzi, racconti

  • Paesi tuoi, (romanzo), Einaudi, Torino 1941.
  • Prima che il gallo canti, Einaudi, Torino 1948. Il volume comprende 2 romanzi: Il carcere, scritto nel 1938-1939, e La casa in collina.
  • La spiaggia, (romanzo) nella rivista "Lettere d'oggi", n. 7, Roma 1941; poi in volume, Lettere d'oggi, Roma 1941; nuova edizione postuma, Einaudi, Torino 1956.
  • Feria d'agosto, (racconti), Einaudi, Torino 1946.
  • Dialoghi con Leucò, (racconti - conversazioni a due tra personaggi mitologici), Einaudi, Torino 1947.
  • Il compagno, romanzo, Einaudi, Torino 1947.
  • La bella estate, Einaudi, Torino 1949, Il vol. comprende 3 romanzi: il romanzo eponimo, scritto nel 1940, Il diavolo sulle colline e Tra donne sole.
  • La luna e i falò, romanzo, Einaudi, Torino 1950.
  • Notte di festa (racconti), raccolta postuma, Einaudi, Torino 1953.
  • Il diavolo sulle colline - Gioventù crudele (due soggetti cinematografici), in "Cinema Nuovo", settembre-ottobre 1959.
  • Fuoco grande (scritto a capitoli alterni in collaborazione con Bianca Garufi), romanzo incompiuto e postumo, Einaudi, Torino 1959.
  • Racconti (frammenti di racconti e racconti inediti, in aggiunta a quelli di Notte di festa e di Feria d'agosto), raccolta postuma, Einaudi, Torino 1960.
  • Ciau Masino, Einaudi, Torino 1968 (ed. fuori commercio, nello stesso anno in Racconti, Einaudi, Torino 1968, Opere, vol. XIII, tomo I)
  • Tutti i romanzi, a cura di Marziano Guglielminetti, Einaudi, Torino 2000 (collana "Biblioteca della Pléiade").
  • Tutti i racconti, a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di Marziano Guglielminetti, Einaudi, Torino 2006 (collana "Biblioteca della Pléiade"). Oltre a tutti i racconti già riuniti in Racconti, questa edizione comprende anche la raccolta Ciau Masino e altri testi già inseriti a partire dall'ed. del 1968 dell'opera omnia.
  • Il serpente e la colomba: scritti e soggetti cinematografici,a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di Lorenzo Ventavoli, Einaudi, Torino 2009.

Poesie

  • Lavorare stanca, (poesie), SolariaFirenze 1936; ed. ampliata con le poesie dal 1936 al 1940, EinaudiTorino 1943.
  • La terra e la morte (9 poesie) nella rivista "Le tre Venezie", n. 4-5-6, Padova 1947; nuova edizione postuma, in Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Einaudi, Torino 1951; compreso anche in Poesie edite e inedite, a cura di Italo Calvino, Einaudi, Torino 1962.
  • Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, (10 poesie), pubblicate postume insieme a La terra e la morte, nel volume dal titolo omonimo, Einaudi, Torino 1951; comprese anche nel volume Poesie edite e inedite, Einaudi, Torino 1962.
  • Poesie del disamore e altre poesie disperse, (comprende oltre a Poesie del disamore e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, le poesie escluse da Lavorare stanca, poesie del 1931‑1940 e due poesie del 1946), Einaudi, collana "Nuovi Coralli", Torino, 1962.
  • Poesie edite e inedite, (tutte le poesie di Lavorare stancaLa terra e la morteVerrà la morte e avrà i tuoi occhi, più 29 poesie inedite); pubblicato postumo, Einaudi, Torino1962.
  • Otto poesie inedite e quattro lettere a un'amica (1928-1929)Scheiwiller, Milano 1964; postumo.
  • Poesie giovanili, a cura di Attilio Dughera e Mariarosa Masoero, Einaudi, Torino 1989 (edizione fuori commercio).
  • Dodici giorni al mare, a cura di Mariarosa Masoero, Galata edizioni, Genova 2008.

Saggi, lettere, diari



domenica 29 marzo 2015

Fernando Pessoa

Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta, dicendo che è un mio emissario, non credergli, anche se sono io; ché il mio orgoglio vanitoso non ammette neanche che si bussi alla porta irreale del cielo.
Ma se, naturalmente, senza che tu senta bussare, vai ad aprire la porta e trovi qualcuno come in attesa di bussare, medita un poco.
Quello è il mio emissario e me e ciò che di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta !
Fernando Pessoa

Viviamo, nell'imbrunire della coscienza, mai certi di cosa siamo o di cosa supponiamo essere.

Fernando Pessoa

Alcune Frasi celebri e meravigliose poesie
Amo come l’amore ama. | Non conosco altra ragione di amarti che amarti. | Cosa vuoi che ti dica oltre a dirti che ti amo, | se ciò che ti voglio dire è che ti amo?
Il poeta è un fingitore. | Finge così completamente | che arriva a fingere che è dolore | il dolore che davvero sente.
La metafisica mi è sempre sembrata una forma comune di pazzia latente. Se conoscessimo la verità la vedremmo; tutto il resto è sistema e periferia. Ci basta, se riflettiamo, l’incomprensibilità dell’universo; volerlo capire è essere meno che uomini, perché essere uomo è sapere che non si capisce.
Ci sono giornate che sono filosofie, che ci suggeriscono interpretazioni della vita, che sono appunti a margine, pieni di altra critica, nel libro del nostro destino universale. Questa è una di quelle giornate, lo sento. Ho l’assurda impressione che con i miei occhi pesanti e col mio cervello assente si stiano tracciando, come con un lapis insensato, le lettere del commento profondo e inutile.

Il libro dell’inquietudine

Ho avuto desideri, ma mi è stata negata la ragione di averli. Per ogni cosa ho esitazione, spesso senza sapere perché.. Non ho mai avuto l’arte di vivere in maniera attiva. Ho sempre sbagliato i gesti che nessuno sbaglia. Ho sempre fatto il possibile per tentare di fare quello che tutti sanno fare. Voglio sempre ottenere ciò che gli altri riescono a ottenere senza volerlo. Fra me e la vita ci sono sempre stati dei vetri opachi… Non ho mai saputo se era eccessiva la mia sensibilità per la mia intelligenza o la mia intelligenza per la mia sensibilità.
Ho tardato sempre. Non so per quale delle due ho tardato: forse per entrambe, o per l’una o per l’altra. O forse la terza ha tardato.

La Poesia

Nella mia mente è scolpita una poesia
che esprimerà la mia anima intera
La sento vaga come il suono e il vento
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola
non è neppure come la sogno.
E’ un mero sentimento, indefinito,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,
e sempre la parola precisa è sul bordo di me stesso
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so che cosa sia.
Ma sono contento di sognarla,
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.
Fernando Pessoa

Campana a morto

Presi il mio cuore
e lo posi nella mia mano
Lo guardai come chi guarda
grani di sabbia o una foglia.
Lo guardai pavido e assorto
come chi sa d’essere morto;
con l’anima solo commossa
del sogno e poco della vita.
Carpe diem, altra cosa non sei
Alcuni, con gli occhi rivolti al passato,
vedono quello che non vedono; altri,
gli occhi fissi nel futuro, vedono
quello che non si può vedere.
Perché cercare tanto lontano ciò che ci sta vicino,
la nostra sicurezza? Questo è il giorno,
questa è l’ora, questo è il momento, questo
è ciò che siamo, e non v’è altro.
Senza sosta scorre l’interminabile ora
che proclama la nostra nullità. Con lo stesso
boccone col quale siamo vissuti, moriremo.
Carpe diem, altra cosa non sei.

Non sto pensando a niente

Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l’aria notturna,
fresca in confronto all’estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!
Non pensare a niente
è avere l’anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita…
Non sto pensando a niente.
È come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente…

Nuvole…

Nuvole… Oggi sono consapevole del cielo, poiché ci sono giorni in cui non lo guardo ma solo lo sento, vivendo nella città senza vivere nella natura in cui la città è inclusa.
Nuvole… Sono loro oggi la principale realtà, e mi preoccupano come se il velarsi del cielo fosse uno dei grandi pericoli del mio destino.
Nuvole… Corrono dall’imboccatura del fiume verso il Castello; da Occidente verso Oriente, in un tumultuare sparso e scarno, a volte bianche se vanno stracciate all’avanguardia di chissà che cosa; altre volte mezze nere, se lente, tardano ad essere spazzate via dal vento sibilante; infine nere di un bianco sporco se, quasi volessero restare, oscurano più col movimento che con l’ombra i falsi punti di fuga che le vie aprono fra le linee chiuse dei caseggiati.
Nuvole… Esisto senza che io lo sappia e morirò senza che io lo voglia. Sono l’intervallo fra ciò che sono e ciò che non sono, fra quanto sogno di essere e quanto la vita mi ha fatto essere, la media astratta e carnale fra cose che non sono niente più il niente di me stesso.
Nuvole… Che inquietudine se sento, che disagio se penso, che inutilità se voglio!
Nuvole… Continuano a passare,alcune così enormi ( poiché le case non lasciano misurare la loro esatta dimensione ) che paiono occupare il cielo intero; altre di incerte dimensioni, come se fossero due che si sono accoppiate o una sola che si sta rompendo in due, a casaccio, nell’aria alta contro il cielo stanco; altre sono ancora piccole, simili a giocattoli di forme poderose, palle irregolari di un gioco assurdo, da parte, in un grande isolamento fredde.
Nuvole… Mi interrogo e mi disconosco. Non ho mai fatto niente di utile né farò niente di giustificabile. Quella parte della mia vita che non ho dissipato a interpretare confusamente nessuna cosa, l’ho spesa a dedicare versi prosastici alle intrasmissibili sensazioni con le quali rendo mio l’universo sconosciuto. Sono stanco di me oggettivamente e soggettivamente. Sono stanco di tutto e del tutto di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto,crolli dell’altezza, uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo inesistente; brandelli indescrivibili del tedio che loro attribuisco: nebbia condensata in minacce incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile, temporalesche o silenziose, che rallegrano per la bianchezza o rattristano per l’oscurità, finzioni dell’intervallo e del discammino, lontane dal rumore della terra, lontane dal silenzio del cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza discontinua di matasse opache, come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto.

L’Altrove

Andiamo via, creatura mia,
via verso l’Altrove.
Lì ci sono giorni sempre miti
e campi sempre belli.
La luna che splende su chi
là vaga contento e libero
ha intessuto la sua luce con le tenebre
dell’immortalità.
Lì si incominciano a vedere le cose,
le favole narrate sono dolci come quelle non raccontate,
là le canzoni reali-sognate sono cantate
da labbra che si possono contemplare.
Il tempo lì è un momento d’allegria,
la vita una sete soddisfatta,
l’amore come quello di un bacio
quando quel bacio è il primo.
Non abbiamo bisogno di una nave, creatura mia,
ma delle nostre speranze finché saranno ancora belle,
non di rematori, ma di sfrenate fantasie.
Oh, andiamo a cercare l’Altrove
Fernando Pessoa

  1. Fernando Pessoa
    Poeta
  2. Fernando António Nogueira Pessoa è stato un poeta, scrittore e aforista portoghese. È considerato uno dei maggiori poeti di lingua portoghese, e per il suo valore è comparato a Camões. Wikipedia
  3. Data di morte30 novembre 1935, Lisbona, Portogallo

Enrico Berlinguer


BIOGRAFIA
Enrico Berlinguer nasce a Sassari il 25 maggio 1922. Consegue la maturità classica e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari, sostenendo tutti gli esami e progettando di laurearsi con una tesi dal titolo “Filosofia del diritto: da Hegel a Croce e Gentile”.
Nell’ottobre del 1943 si iscrive al Partito Comunista Italiano, diventando Segretario della sezione giovanile di Sassari.
All’inizio del 1944 Berlinguer è ritenuto uno dei responsabili dei “moti per il pane” verificatosi in quei giorni a Sassari: viene arrestato. Viene prosciolto e scarcerato alla fine del mese di aprile. Poco dopo è nominato responsabile della Federazione Giovanile Comunista di Sassari.
Si trasferisce poi a Roma ed entra a far parte della Segreteria Nazionale del Movimento Giovanile Comunista.
Nel 1945, dopo la Liberazione è a Milano come responsabile della Commissione giovanile centrale del PCI.
Tre anni più tardi, al VI Congresso del PCI, viene eletto membro effettivo del Comitato Centrale e membro candidato della direzione del partito. In seguito, al Congresso nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana, viene eletto Segretario Generale: manterrà la carica fino al 1956; assume inoltre la Presidenza della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica che ricoprirà fino al 1952.
Nel 1957 sposa Letizia Laurenti, dal cui matrimonio nasceranno quattro figli (Bianca, Marco, Maria e Laura); in questo periodo torna in Sardegna come Vice Segretario Regionale del PCI.
Sarà Segretario Regionale del PCI del Lazio dal 1966 al 1969. Eletto deputato, entra in Parlamento per la prima volta nel 1968 divenendo membro della Commissione Esteri; ben presto all’interno del partito arriva alla carica di Vice Segretario Nazionale.
Al XIII Congresso Nazionale del PCI, svoltosi a Milano nel marzo del 1972, Berlinguer viene eletto Segretario Nazionale.
E’ il 7 giugno 1984 quando si trova a Padova: durante un comizio per le elezioni europee un ictus cerebrale lo colpisce. Morirà pochi giorno dopo, l’11 giugno.

7 giugno 2004
[...] I partiti politici non possono ridursi ad adagiarsi sulle posizioni della parte più torbida e tarda del loro elettorato. Questo significherebbe una abdicazione alla funzione che dovrebbe essere propria di tutti i partiti democratici, cioè quella di guidare, promuovere, formare una coscienza politica più avanzata. [...]
Aula di Montecitorio, 20 febbraio 1976
————————————–
[...] Dare all’Italia una legge che elimini l’ignominia dell’aborto clandestino, nel rispetto dovuto alla sicurezza, alla dignità, alla libertà delle donne, nel rispetto dovuto alla maternità e alla formazione della vita, nel rispetto dovuto ai sentimenti più gelosi e a tutti i princìpi etici, religiosi ed ideali. Sia questa battaglia per una civile e moderna regolamentazione dell’aborto un momento importante della lotta per l’emancipazione della donna
e per la costruzione di una società nuova! [...]
Aula di Montecitorio, 20 febbraio 1976
—————————————
[...] Noi non mettiamo in discussione l’appartenenza dell’Italia alle alleanze internazionali di cui è parte, ma vorrei riaffermare anche che uno degli obiettivi principali per cui continueremo a batterci è quello di una politica estera che porti il nostro paese ad essere tra i promotori più conseguenti di un’opera che faccia ritrovare all’Europa occidentale e alla stessa Comunità europea un incisivo ruolo mondiale. [...]
Aula di Montecitorio, 14 luglio 1977
————————————
[...] Siamo di fronte ad un decadimento, ad una perdita di autorità politica e morale dei gruppi dirigenti; e siamo di fronte al rischio che in qualche misura sia offuscato quel cardine della democrazia costituito dal sistema dei partiti, e quella conquista della Resistenza che fu la costruzione dei grandi partiti democratici di massa. [...]
Aula di Montecitorio, 20 febbraio 1976
—————————————
[...] È giunto il momento di affidare la sicurezza non più soltanto agli equilibri militari, ma ai rapporti politici ed economici di cooperazione. L’equilibro del terrore non basta più a garantirla e rischia, anzi, di diventare fonte di insicurezza e di conflitto. [...]
[...] Il rispetto delle alleanze non significa che l’Italia debba tenere il capo chino. I rapporti di amicizia e di cooperazione con gli Stati Uniti, che anche noi vogliamo coltivare, e la simpatia che proviamo verso
il popolo americano, non possono escludere, ma anzi richiedono, la protesta e la ripulsa contro ogni intrusione nelle questioni sulle quali soltanto a noi italiani spetta decidere. [...]

Elvis Presley



BIOGRAFIA
Elvis Presley è nato l’8 gennaio 1935 a Tupelo nel Mississippi (USA), ma passa una parte della sua adolescenza a Memphis. È in questi casi che nel 1953, in piena rivoluzione musicale, registra due titoli per offrire alla sua madre. Il proprietario di Sun Record osserva il suo stile ravageur e trova due musicisti con che Elvis registrerà il suo primo 78 giri che farà l’effetto di una bomba. L’anno successivo firma un contratto con RCA e registra tubo su tubo (“” Hound Dog “,” “Don’t be cruel”, “” Jailhouse rock “, etc.) e guancia nella sua prima pellicola “Love me Tender”. Nel 1958, parte fare il suo servizio militare in Europa. È durante questo periodo che fa la riunione a Parigi de Priscilla Beaulieu. Al suo ritorno nel 1960, Elvis registra due album e dà una serie di concerti, quindi orienta la sua carriera verso il cinema girando in una quantità incredibile di pellicole delle quali registra le bande suoni.
Il successo mitigato delle sue pellicole lo riporta nel 1968 verso la musica e più soprattutto nella preparazione di un show teletrasmesso che ridora il suo blasone e lo rimette primo nel cuore degli americani. Lo stesso anno 68 vede la nascita della sua figlia unica Lisa-Marie. Fin dal 1969, dà le sue prime serie di concerti a stanco Vegas e gira ai quattro angoli del paese. Tra due concerti registra album che inevitabilmente si classificano in testa dei hits parata. Il suo divorzio, nel 1972, ed un ritmo libero spingono Elvis al limite delle sue forze ed il 16 agosto 1977 egli meurt di una crisi cardiaca. La folla che assiste ai suoi funerali ed immenso e, dalla sua morte i incondizionati di quello che è diventato King, si contano sempre per centinaia di migliaia. Occorre dire che Elvis possiede la carriera più phénoménal della storia del roc (possiede il record di titoli classificati nei charts) ed ha segnato questa musica della sua impressione… per sempre.
Segui quel sogno, dovunque il sogno ti possa condurre
Fai qualcosa che valga la pena ricordare.
Non possiamo andare avanti sospettandoci a vicenda
I don’t know anything about music. In my line you don’t have to.
Quando ero un ragazzo ero un sognatore. Leggevo i fumetti ed ero l’eroe di quei fumetti. Andavo al cinema ed ero l’eroe dei film. Adesso ogni mio sogno è diventato realtà un milione di volte.
La musica è molto migliorata negli ultimi anni. I suoni sono migliori, i musicisti sono migliori. Conoscete i Beatles e i Byrds. Ma il rock ‘n’ roll, fondamentalmente, si basa sul gospel e il rhythm and blues.
Ho imparato molto presto che: “Senza una canzone, il giorno non ha fine… senza una canzone, un uomo non ha amici… senza una canzone, la strada non ha curve… senza una canzone.” Per questo motivo io continuo a cantare una canzone

Charles Bukowski


bukoswky
Biografia
Per Bukowski, nato il 16 agosto 1920 ad Andernach (una piccola cittadina tedesca nei pressi di Colonia), la vita spericolata, la vita da strada e randagia, l’ha probabilmente incarnata al meglio, come pochi altri al mondo.
Figlio di un ex artigliere delle truppe americane, Charles ha solo tre anni quando la famiglia si trasferisce a Los Angeles, negli Stati Uniti. Qui trascorre l’infanzia costretto dai genitori a un quasi totale isolamento dal mondo esterno. Già si notano i primi segni della sua vena ribellistica e di una fragile, confusa vocazione alla scrittura. A sei anni, era un bambino con un carattere già ben formato: schivo e impaurito, escluso dalle partite di baseball giocate sotto casa, irriso per il suo tenue accento teutonico, manifesta difficoltà di inserimento.
A tredici anni inizia a bere e a frequentare una chiassosa banda di teppisti. Nel 1938 Charles Bukowski si diploma senza troppi entusiasmi alla “L.A. High School” e a vent’anni abbandona la casa paterna. Inizia così un periodo di vagabondaggio segnato dall’alcol e da una sequenza infinita di lavori saltuari. Bukowski è a New Orleans, a San Francisco, a St. Louis, soggiorna in una pensione-bordello di tagliagole filippini, fa il lavapiatti, il posteggiatore, il facchino, si sveglia sulle panchine dei parchi pubblici, per qualche tempo finisce perfino in galera. E continua a scrivere.
I suoi racconti e le sue poesie trovano spazio su giornali come “Story” ma soprattutto sulle pagine delle riviste underground. Non è infatti una fugace o “poetica” linfa creativa che lo induce a scrivere, ma la rabbia verso la vita, l’amarezza perenne del giusto di fronte ai torti e all’insensibilità degli altri uomini. Le storie di Charles Bukowski sono imperniate su un autobiografismo quasi ossessivo. Il sesso, l’alcol, le corse dei cavalli, lo squallore delle vite marginali, l’ipocrisia del “sogno americano” sono i temi sui quali vengono intessute infinite variazioni grazie a una scrittura veloce, semplice ma estremamente feroce e corrosiva. Assunto dal Postal Office di Los Angeles e inaugurato un burrascoso rapporto sentimentale con Jane Baker, Bukowski attraversa gli anni ’50 e ’60 continuando a pubblicare semiclandestinamente, soffocato dalla monotonia della vita d’ufficio e minato da eccessi di ogni genere. Nel settembre dei 1964 diviene padre di Marina, nata dalla fugace unione con Frances Smith, giovane poetessa.
Comincia l’importante collaborazione con il settimanale alternativo “Open City”: le sue velenose colonne verranno raccolte nel volume “Taccuino di un vecchio sporcaccione”, che gli regalerà ampi consensi fra gli ambienti della protesta giovanile. La speranza di poter divenire uno scrittore full time gli diede il coraggio di licenziarsi dall’insopportabile ufficio postale all’età di 49 anni (quegli anni sono condensati nel memorabile “Post Office”). Comincia il periodo dei readings poetici, vissuti come vero e proprio tormento.
Nel 1969, dopo la tragica morte di Jane stroncata dall’alcol, Bukowski conosce l’uomo destinato a cambiargli la vita: John Martin. Manager di professione e appassionato di letteratura per vocazione, Martin era rimasto fortemente impressionato dalle poesie di Bukowski tanto da proporgli di lasciare l’impiego all’ufficio postale per dedicarsi completamente alla scrittura. Lui si sarebbe occupato della fase organizzativa di tutta l’operazione, provvedendo a versare a Bukowski un assegno periodico quale anticipo sui diritti d’autore e impegnandosi a promuovere e a commercializzare le sue opere. Bukowski accetta la proposta.
Incoraggiato dai buoni risultati ottenuti dalle prime plaquette stampate in poche centinaia di copie, John Martin fonda la “Black Sparrow Press”, ripromettendosi di pubblicare tutte le opere di Charles Bukowski. In pochi anni è il successo. Inizialmente i consensi sembrano essere limitati all’Europa, poi la leggenda di “Hank” Bukowski, ultimo scrittore maledetto, sbarca negli Stati Uniti. Inizia il periodo dei reading poetici, vissuti da Bukowski come un vero e proprio incubo e documentati magnificamente in molti dei suoi racconti. Proprio durante una di queste letture, nel 1976, Bukowski conosce Linda Lee, unica tra le sue molte compagne a mitigarne la vena autodistruttiva, l’unica tra le sue bizzose compagne capace di mettere freno alla pericolosa imprevedibilità di Hank. Gli stenti del vagabondo paiono d’altronde ormai terminati: Hank è ricco e universalmente conosciuto come il bizzarro scrittore di “Storie di ordinaria follia”.
Linda gli fa cambiare regime alimentare, gli riduce l’alcol, lo incoraggia a non alzarsi mai prima di mezzogiorno. Il periodo degli stenti e del vagabondaggio si chiude definitivamente. Gli ultimi anni sono vissuti in grande serenità e agiatezza. Ma la vena creativa non viene meno. Si ammala ammala di tubercolosi nel 1988, tuttavia, in condizioni fisiche via via più precarie, Bukowski continua a scrivere e a pubblicare. Alle sue opere si ispirano i due registi Marco Ferreri e Barbet Schroeder per altrettante riduzioni cinematografiche. Documentata dalle ormai celeberrime sue ultime parole: “Ti ho dato tante di quelle occasioni che avresti dovuto portarmi via parecchio tempo fa. Vorrei essere sepolto vicino all’ippodromo… per sentire la volata sulla dirittura d’arrivo”, la morte lo colpisce il 9 marzo 1994.
Frasi e motti a lui attribuiti
Eterna risorge sempre la speranza, come un fungo velenoso. (da Azione, in Niente canzoni d’amore)
Venne il momento della prima corsa. Henry si avviò verso il settore dei solitari, dei dementi e della brutta gente, quella coi tacchi delle scarpe consumati e con quelle facce, derubate di tutto da tempo immemore, di tutto, salvo la determinazione a tirare avanti, anche senza la minima traccia di speranza o di musica, anche senza la minima speranza di vittoria. (da Azione, in Niente canzoni d’amore)
Io non sapevo conversare né ballare. Tutti sapevano qualcosa che io non sapevo. (da Panino al prosciutto, Guanda, 2000)
La morte non conta un cazzo quando ti serve un posto per dormire. (da Il momento della verità, in Poesie (1955-1973), a cura di Vincenzo Mantovani, Mondadori)
La verità | sta | nelle sfumature.(da La canzone dei folli, traduzione di E. Franceschini, Feltrinelli)
Quando la morte verrà a pigliarci, [...] ci sputerà via come un osso già spolpato e pulito da un pezzo, indurito e secco e… che cosa? E niente. (da Azione, in Niente canzoni d’amore)
Quel bar non lo aveva mai visto così pieno. Sulla via per l’inferno c’è sempre un sacco di gente, ma è comunque una via che si percorre in solitudine.
Si spinse avanti a gomitate per prendere la sua vodka liscia. (da Azione, in Niente canzoni d’amore)
Scarpe da lavoro | e io | dentro di loro | con tutte le luci | spente. (da Vagabondo, in Quando eravamo giovani, traduzione di Enrico Franceschini, Feltrinelli)
Se vivi in un armadio con i topi e | mangi pane vecchio | ti vogliono bene. | In quel caso | sei un genio. (da Anima, in L’amore è un cane che viene dall’inferno, traduzione di Katia Bagnoli, SugarCo)
Secoli di poesia | e siamo sempre | al punto di partenza. (da La poesia, in La canzone dei folli)
La donna non è niente più che alcune parole scritte da un ragazzino in un cesso pubblico. (da Storie di ordinaria follia. Erezioni Eiaculazioni Esibizioni)
I soldi sono una cosa seria. Qualcuno è convinto persino che parlino. (da Barfly)
Il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro. Non ti rendi conto che qualsiasi idiota può vivere così e che la maggior parte lo fa? (da Barfly)
L’incertezza della conoscenza non era diversa dalla sicurezza dell’ignoranza. (da Taccuino di un vecchio sporcaccione)
Un uomo o è un artista o una mezzasega, e non deve rispondere a nient’altro, direi, se non alla propria energia creativa. (da Urla dal balcone)
Quando la verità di qualcuno è la tua stessa verità, e lui sembra dirla solo per te, è una cosa fantastica. (da Panino al prosciutto)
Non valeva la pena di aver fiducia negli esseri umani. Qualunque cosa fosse, a dar fiducia, gli esseri umani non ce l’avevano. (da Panino al prosciutto)

Bob Marley


Biografia
Robert Nesta “Bob” Marley e’ nato a Nine Mile (jamaica) il 6 febbraio 1945 e muore a Miami l’ 11 maggio 1981 .
suo padre Norval , un capitano di marina bianco di origini inglesi , sposo’ Cedella ( giamaicana di colore ) .
all’ epoca il matrimonio tra un bianco e un nero era motivo di scandalo ,per cui il padre di bob abbandono’ sua moglie mentre era ancora incinta . questa situazione fu molto difficile per il giovene bob ,che dovette crescere senza un padre e subire pregiudizi razziali (sia da parte dei suoi parenti bianchi ,che da parte dei
della popolazione nera , che non vedevano di buon occhio il colore della pelle delpadre) ed episodi di bullismo . imparo’ quindi l’arte dell’autodifesa , che esercitava con apprezzabili risultati tanto da guadagnarsi il soprannome di ” tuff gong”
bob marley e’ un talento musicale molto precoce , a fin da giovanissimo suona con vari artisti giamaicani .
il 1966 e’ un anno fondamentale per la biografia di bob marley, perche’ ( in ordine di tempo ) prende vita la band dei wailers , format da Bob Marley, Bunny Livingston e Peter McIntosh (meglio conosciuto come peter tosh) ,
e sposa rita , una componente delle i threes , le tre coriste di supporto di bob edel suo gruppo a rita e’ dedicata ” stir it up ” , la piu’ bella canzone di bob marley.
dopo i primi successi internazionali degli albums ” catch a fire ” e ” burnin ” , i wailers si sciolgono e ciascun componente del gruppo dara’ vita ad una carriera autonoma .
il 1975 e’ l’anno di ” no woman no cry ” ,un successo planetario , e il 1976 l’anno dell’ album ” rastaman vibration ” , che scalo’ le classifiche di mezzo mondo .
bob fu molto impegnato politicamente , e cerco’ di contrastare l’odio politico che imperversava in jamaica anche tramite dei concerti . prima di uno di questi concerti ( lo smile jamaica ) l’artista fu vittima di un attentato ,ma decise comunque di suonare lo stesso
” Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero… Come potrei farlo io ? ”
probabilmente a seguito dell’attentato , marley si trasfery in inghilterra , dove ebbe un successo strabiliante con l’album exodus , probabilmente il miglior album del secolo . gli anni successivi sono caratterizzati dal successo , con album quali survival e uprising , e dal melanoma , che si diffuse in tutto il corpo e porto’ alla morte della leggenda vivente nell’ 11 maggio 1981 .
Alcune delle sue frasi più celebri
“Ah, Jamaica. Dove potrebbe andare il tuo popolo.Credo che non ci sia un altro luogo su questa terra.”
“Quello che il popolo nero realmente vuole è il diritto di avere ragione e il diritto di poter sbagliare.”
“Se Dio non avesse avuto canzoni da farmi cantare, io non avrei cantato nessuna canzone.Le canzoni vengono da Dio, tutte.”
“Quando la gente beve vuole il feeling che io ho quando fumo l’erba.Ognuno ha bisogno di elevarsi, ma molta gente si eleva con mezzi sbagliati.”
“Ero, sono e sempre sarò un RASTA, è dentro di me, è come una missione,la mia missione per la salvezza del mondo…”
“Il nome Wailers viene dalla Bibbia. Ci sono molti posti dove si incontrano persone che si lamentano.
I bambini piangono, piangono per avere giustizia.”
“Non voglio combattere nessuno con nessuna arma;io non devo combattere per i miei diritti i miei diritti devono venire da me.”
“Controlla la tua rabbia, datti una calmata. La battaglia si farà più dura, datti una calmata.”
“Musica e marijuana vanno insieme. Quando ho iniziato a cantare ho capito la vera importanza dell’erba”
“Io amo la notte perchè di notte tutti i colori sono uguali e io sono uguale agli altri…”
“Io non ho cultura. Se fossi stato educato sarei schiavo anch’io.”
“La rivoluzione non si prepara, esplode.”